Passeggiando per le vie del centro, ho notato le scritte "ambientaliste" sulla vetrina della Timberland. Ho pensato allora di fare qualche ricerca e di scoprire se davvero questa multinazionale si comporta bene.
Ecco i risultati delle mie ricerche sul web, che sembrano confermare le apparenze.
Timberland:

  • Ha stabilimenti in molti Paesi, fra cui anche alcuni in cui i diritti dei lavoratori non sono garantiti (Cina, Vietnam, Thailandia...);
  • Dichiara di non fare ricorso al lavoro minorile e lo indica anche nelle etichette delle sue scarpe;
  • Garantisce che i propri luoghi di lavoro sono salubri, giusti e non discriminanti e consente ai propri dipendenti di impiegare 40 ore retribuite all'anno in attività di volontariato;
  • Si mostra particolarmente attenta alle tematiche ambientaliste, indica nelle etichette l'impatto ambientale dei propri prodotti e si pone specifici obiettivi per la riduzione dei gas serra;
  • Nel 2005, a seguito della campagna della PETA (People for the Ethical Treatmen of Animal) contro la lana australiana a causa dei maltrattamenti subiti dalle pecore, Timberland ha smesso di importare lana dall'Australia.
  • Risulta attiva una sola campagna di boicottaggio contro Timberland, lanciata da movimenti di solidarietà alla Palestina, in quanto la compagnia (di proprietà di un ebreo americano definito sionista dai sostenitori del boicottaggio) ha interessi in Israele.