Continuando le ricerche su Timberland, ho trovato qualche informazione in più.
In un articolo di Federico Rampini del 19 maggio 2005 venivano rivelati i retroscena della produzione di Timberland in Cina, dove la Kingmaker Footwear produceva scarpe per conto della multinazionale americana sfruttando il lavoro minorile (clicca qui per leggere l'articolo)
Oggi la Kingmaker non compare più nell'elenco delle fabbriche fornito da Timberland, dove però c'è ancora un'altra ditta, la Pou Yuen, i cui abusi sono stati documentati (almeno fino al 2005).
Riporto anche questo post dal sito blogeko.info

"30.01.2006 - La scorsa primavera Timberland, la famosa multinazionale delle calzature, è stata al centro di un'accesa polemica legata allo sfruttamento del lavoro minorile e alla violazione dei diritti dei lavoratori in Cina. Il fatto riguardava la fabbricazione di scarpe vendute in Europa al prezzo di 150 euro, per confezionare le quali ragazzini di 14 anni guadagnavano 45 centesimi al giorno, lavorando quotidianamente circa 16 ore in condizioni al limite della sopravvivenza. La vicenda coinvolgeva anche altre multinazionali delle scarpe, tra cui la tedesca Puma, ed era venuta alla luce grazie alle denunce di alcuni operai.
Ora Timberland sembra aver fatto un passo indietro: pochi giorni fa infatti si è presentata in veste rinnovata annunciando le sue nuove confezioni di scarpe in fibra 100% riciclata e stampate con inchiostro di soia. Inoltre su ogni scatola ci saranno indicazioni relative all'impatto ambientale e sociale del prodotto con delucidazioni sul luogo di fabbricazione. Comunque oggigiorno circa tre quarti della produzione Timberland ha luogo in Cina e in Vietnam, paesi dove chi viene sorpreso a sfruttare il lavoro minorile è punito con un'irrisoria multa di 1000 euro. Attualmente la Commissione Europea sta prendendo in esame la possibilità di regolamentare l'importazione di prodotti da questi paesi." (fonte www.blogeko.info)